Renato è un giovane ragazzo che di lavoro fa il venditore a Milano.
Lo fa da poco, perchè per anni, da quando s’è trasferito dalla sua Calabria alla Lombardia, ha fatto il cameriere nei locali.
Renato non è laureato, e non ha avuto precedenti esperienze lavorative poichè appena diplomato, ha deciso di trasferirsi per cercar fortuna lontano dalla sua Calabria, che benché ami profondamente visto che è la sua terra, capisce che mai potrebbe dargli il futuro che sogna.
Fare il cameriere nei locali gli piaceva anche tanto all’inizio.
Si conoscevano tante ragazze , si faceva vita notturna che quando sei giovane fa figo, e dopotutto si guadagnava anche discretamente.
Solo che si faceva le 5 di mattina tutti i giorni, tutto l’anno.
E vabbè che a 20 anni fa figo, ma dopo un pò comincia a diventare pesante.
O almeno per Renato era così. Era diventata uan vita che non lo divertiva più.
Soprattutto da quando ha conosciuto Francesca, una ragazza veneta con la quale è nata una storia d’amore qualche tempo prima e con la quale Renato convive da un pò.
Stanno molto bene insieme. Si divertono e si amano.
E per questo Renato ha deciso di cambiare lavoro: voleva stare più tempo con lei, e non solo vederla di sfuggita quando lei rientrava a casa dal lavoro e prima che lui partisse per il suo.
Quindi s’è messo a fare il venditore.
“Se divento bravo posso guadagnare bene e poi un buon venditore trova lavoro ovunque, come un cameriere…”
Questo pensava Renato quando ha scelto quale nuovo lavoro cercarsi.
E in teoria non si sbagliava. I venditori bravi che conosceva guadagnavano bene ed erano “cercati” e “corteggiati” dalle aziende.
Un lavoro ricercato e ben pagato nella sua testa voleva dire, innanzitutto, libertà.
Così si mette a cercare lavoro da venditore.
Dopo aver valutato diverse proposte (alcune scartate perchè non gli andava di vendere Folletto o Assicurazioni) si ritrova in un’azienda di informatica: in fin dei conti gli era sempre piaciuta l’informatica e l’idea di entrare in quel mondo lo intrigava.
Così, superando non senza sforzi le selezioni e i colloqui, alla fine viene “preso” a fare il venditore: 600 al mese di rimborso spese + le provvigioni dal 10 al 15% a secondo dei prodotti/servizi che vendeva.
“Basta che faccio € 10.000 di contratti al mese e arrivo a € 1.600. Non male…” pensava Renato.
In fin dei conti non aveva alcuna esperienza nè del mestiere venditore nè del settore informatico, e considerando il prezzo medio dei prodotti/servizi che aveva a “catalogo” (abbastanza alto) aveva pensato che fare € 10.000 di contratti al mese non sarebbe stato poi così difficile.
Arriva così il primo giorno di lavoro.
“Ecco la tua postazione. Quello è il pc. Qui c’è il telefono. Chiama i clienti e vendi.”
Questo più o meno era il livello di formazione commerciale che gli era stata fatta.
E Renato, che fino ad allora aveva solo fatto il cameriere, non sapeva da dove cominciare.
Ma non si fece abbattere.
Raccolse liste di aziende qua e la: qualche lista dimenticata sul server aziendale, qualche lista scaricata da internet, una massiccia dose di copia/incolla da Pagine Gialle e via andare. Ecco che in poco tempo si ritrovò con una corposa lista di potenziali clienti che non aspettavano altro che comprare da lui (pensava il povero ingenuo).
Comincia a chiamare a mitraglia.
Studia anche libri sul telemarketing e diventa pure bravino a telefonare: cominciano ad arrivare i primi appuntamenti.
“Wow! E’ fatta! Adesso cominciamo ad appioppare come non ci fosse un domani…”
…pensa Renato. Illudendosi anche in questo caso.
Eh già.
Perchè fai il primo appuntamento, fai il secondo, il terzo, quarto, quinto, decimo, ventesimo…
Tutti chiedevano il preventivo. Nessuno comprava.
I mesi passavano e i contratti non arrivavano.
I € 600 di rimborso spese mensili tali rimanevano, e considerando che si doveva pagare pure la benzina della sua vecchia Golf che ciucciava come un cammello a conti fatti ci rimetteva ogni mese.
Ma Renato non demorde. Sentiva che non era lui quello sbagliato e conosceva altri venditori di “successo” che lui non riteneva così tanto più geni di lui.
Non che fosse un gasato, anzi, sapeva di avere tante lacune da colmare, ma non si sentiva fuori posto a fare il venditore. Su questo aveva ragione.
Così insiste.
Fatto sta che nonostante una serie infinita di difficoltà iniziali, dopo circa 3 anni Renato si ritrova ad essere il responsabile del reparto commerciale dell’azienda di informatica in cui aveva cominciato tempo prima.
In realtà non era stata una vera promozione. Gli altri due commerciali che c’erano insieme a lui (uno dei quali era responsabile del reparto) se ne erano andati.
Quindi era rimasto da solo. Ma l’azienda, per premiare i suoi sforzi, decise di investirlo del ruolo di responsabile e dargli il compito di creare un reparto commerciale e tirar su nuovi ragazzi venditori.
Renato non stava nella pelle.
Era sempre stato ambizioso. Non aveva mai lavorato solo per lo stipendio: voleva crescere e fare carriera. E quella gli sembrava l’occasione giusta.
Così si mette di buona lena a far colloqui e ad “assumere” ragazzi per creare il “reparto” commerciale dell’azienda in cui lavorava che una forza vendite vera e propria non l’aveva mai avuta.
Pubblica annunci sui portali di offerte di lavoro, vede diverse persone e tra quelle sceglie due giovani e (secondo lui) promettenti giovani ragazzotti.
Gli insegna a fare telemarketing:
“Se fai 20 chiamate prendi 1 appuntamento, se fai 40 chiamate ne prendi 2.
E’ una questione di numeri, bisogna darci dentro e i risultati vengono.
Quindi forza raga, diamoci sotto…”
Questo era l’urlo di battaglia che Renato usava per i suoi ragazzi, che tra l’altro avevano un entusiasmo fuori dal comune e si impegnavano in maniera insperata.
Renato era fiero di loro.
“Non precoccupatevi ragazzi, siete all’inizio. E’ normale. Ci vuole tempo” ripeteva Renato ai suoi ragazzi quando, dopo i primi mesi di lavoro, le vendite ancora latitavano.
Era quello che avevano insegnato a lui.
Così gli avevano detto, e così ripeteva ai suoi ragazzi…
Passano altri mesi, le vendite dei ragazzi arrivano, ma molte meno di quanto tutti sperassimo.
Molte meno rispetto all’impegno che i due ragazzotti profondevano nel lavoro.
Così non bastava.
Quei ragazzi meritavano di più.
A Renato andava bene.
Lui “vendeva”.
Ma non poteva paragonare i suoi risultati a quelli dei suoi ragazzi.
Per almeno due motivi:
- Renato aveva più esperienza, fatto che lo avvantaggiva,
- Renato gestiva il parco clienti aziendale: e come si sa, rivendere ai già clienti è MOOOOOLTO più facile che trovare clienti nuovi.
Passa il tempo.
I due ragazzotti continuano ad impegnarsi tantissimo, ma i risultati continuano a essere poco entusiasmanti.
E così, dopo circa due anni e mezzo, i due ragazzotti, quasi simunltaneamente, si licenziano: vanno a lavorare in altre aziende che gli offrono una prospettiva migliore.
Un duro colpo.
Un colpo durissimo al morale di Renato.
A quei ragazzi si era affezionato, ed oltre all’aspetto personale, non ci si poteva nascondere che avessero talento.
Ma la vita va avanti.
Renato ha la testa dura e se c’è una parola che il suo vocabolario NON contempla, quella parola è la RESA.
Renato non si sarebbe mai arreso.
Sapeva bene di non essere il “direttore commerciale” migliore al mondo, ma era allo stesso tempo convinto di avere le capacità per ottenere almeno dei risultati sufficienti.
Così fa altri colloqui.
E assume nuovi venditori.
Riparte la storiella:
“Se fai 20 chiamate prendi 1 appuntamento, se fai 40 chiamate ne prendi 2.
E’ una questione di numeri, bisogna darci dentro e i risultati vengono.
Quindi forza raga, diamoci sotto…”
E si ripete il risultato finale: sti ragazzi vendevano poco, e alla fine se ne andavano e bisognava ricominciate daccapo.
Per una dozzina di volte il copione è stato lo stesso.
12 “venditori” provati, 12 fallimenti. In tutto questo la sua azienda stava a guardare.
All’inizio lo supportava tanto, ma poi, col tempo, il supporto “morale” è andato scemando…
Più i venditori si licenziavano, più per l’azienda Renato era il colpevole di quei fallimenti.
Era lui il responsabile del reparto commerciale e se i venditori non “funzionavano”, il colpevole non poteva che essere lui che non era capace di tirar su una squadra.
Questo pensava l’azienda.
Ovviamente a Renato questo non faceva piacere. Anzi, gli faceva proprio girare i maroni…
Perchè di certo lui non si era mai tirato indietro dalle proprie responsabilità, ma a suo modo di vedere lui combatteva una battaglia contro un nemico forte (il mercato) e senza nessun supporto di alcun tipo…
Non si era mai fatta pubblicità di alcun tipo, nè l’azienda metteva a supporto dei commerciali alcun tipo di aiuto diverso dal telefono col quale sfondarsi le orecchie.
E quindi, venire additato (anche se velatamente) come il solo “colpevole” non gli andava giù, perché nella sua testa sentiva che c’era qualcosa di fondamentale che mancava nell’ingranaggio e che non dipendeva da lui. O almeno non solo da lui…
Ma Renato ha la capa tosta, e nonostante quest’affiorare di malcontento dell’azienda che lui non accetta continua imperterrito la sua battaglia senza diminuire affatto lo sforzo profuso.
E’ sempre il primo ad arrivare in ufficio e l’ultimo ad andare via.
Da sempre. E così continua ad essere…
Solo che capisce che non può continuare a fare quello che ha sempre fatto sperando che le cose cambino o migliorino.
Gli sembra evidente che sia necessario un cambiamento. Non sa ancora bene quale, ma capise che DEVE trovarlo o quantomeno tentare qualcosa di diverso dal passato.
Gli viene un’idea.
Contatta tra i suoi clienti i direttori commerciali di aziende in salute, per offrirgli un pranzo durante il quale gli avrebbe intervistati per carpire i loro “segreti”.
Questi clienti/direttori commerciali accettano e così Renato si fa 3/4 pranzi di lavoro.
Raccoglie informazioni interessanti ma niente che gli faccia scattare una lampadina.
Quell’aziende hanno una rete vendita a cui viene SEMPRE passato un parco clienti da gestire che permette ai venditori di avere una “base” da cui partire…
Renato nella sua azienda non può fare la stessa cosa. C’è un parco clienti, ma non abbastanza ampio da potergli permettere di dare una base solida ai suoi venditori.
Quindi quell’idea non può essere sfruttata appieno. Non è sufficiente…
Renato continua a non arredendersi, continua a rimuginare a cosa potrebbe permettergli di superare questta empasse…
“Mi ci vorrebbe un sistema di acquisizione clienti…” pensa. “Qualcosa che mi permetta di passare ai venditori clienti “caldi”, che hanno già scelto di comprare da noi e che abbiano bisogno di comprare nel momento in cui ci contattano…”
…continua nel suo ragionamento.
Così Renato si mette a cercare. Ricomincia a studiare come un pazzo.
Legge di tutto: libri sul marketing, sul copywriting, sul branding. Frequenta numerosi corsi di formazione.
Un giorno decide di aprire un blog e comincia a scrivere.
Scrive un articolo a settimana.
E’ un pò impacciato. L’ultima volta che aveva scritto qualcosa era il tema all’esame di maturità.
Le prime volte faceva una fatica bestiale…
Ma qualcuno, già dai primissimi articoli, mostrava apprezzamento.
Niente che si tramutasse in contratti, ma Renato pensava “se quello che scrivo piace, forse sono sulla strada giusta”.
Così insiste, e continua a scrivere.
Gli tocca raddoppiare gli sforzi perchè scrivere gli porta via tempo e non può farlo completamente durante il normale orario di lavoro perchè deve mandare avanti la baracca: è rimasto l’unico commerciale in azienda e i contratti se non li fa lui non li fa nessuno.
E l’azienda non vede benissimo questa sua iniziativa.
Per carità, non che la ostacoli, ma l’unica domanda che si pone la direzione ad ogni articolo pubblicato è: “quanti contratti ha portato?”
“Ma porca zozza! Con tutto il culo che mi faccio devo pure stare a subire ste minchiate!” pensa Renato.
Per carità, non che il fatturato non sia importante: è FONDAMENTALE. Renato è assolutamente conscio di questo. Ma non digerisce la “miopia” della direzione circa la sua missione: lui sta tentando di creare un sistema di acquisizione clienti.
Non ci vuole un giorno. Non basta un mese. Ci vuole tempo.
E come quando l’uomo è passato dall’essere nomade a stanziale. Da quando è passato dalla caccia e raccolta all’agricoltura e allevamento.
In origini l’uomo girovagava per cacciare le prede e raccogliere i frutti spontanei.
Poi ha inventato l’agricoltura e l’allevamento.
Ma se non avesse avuto la pazienza che il seme diventasse albero da frutto, stavamo ancora in giro con la clava a caccia di mammut.
Ma tant’è…Renato ormai s’è rassegnato ad avere supporto dall’azienda: ha capito che la sua missione è più importante dei giudizi degli altri.
Lui ci crede. Sa che ci vuole tempo. Niente lo fermerà…
Così continua a scrivere sul suo blog: un articolo a settimana, senza mai saltare, caschi il mondo.
E cominciano ad arrivare i primi risultati.
Gli apprezzamenti ai suoi articoli sono sempre di più e, soprattutto, cominciano ad arrivare i primi CONTRATTI.
Le prime vendite. Una sensazione favolosa: gli sforzi cominciavano ad essere ripagati.
E c’era un dettaglio fondamentale in quei contratti: per tutta la sua vita da venditore, s’era trovato di fronte a situazioni nelle quali lui era uno dei possibili 3 o 4 fornitori a cui i clienti chiedevano il preventivo e tra i quali sceglievano (spesso batttagliando sul prezzo).
Adesso invece, quei clienti che “venivano dal blog” volevano LUI: lo avevano già scelto. Poi chiaro, bisognava confermare l’impressione che questi clienti si erano fatti online e convincerli.
Ma era tutto un altro sport. Decisamente più APPAGANTE.
Le cose continuano.
Renato continua a scrivere un articolo a settimana. Le cose migliorano sempre di più, anche se lentamente. Ma migliorano…
All’azienda però non basta: si certo, qualche contratto comincia a venire ma non sono ancora sufficienti a sostenere il fatturato come vorrebbe l’azienda.
“Ma quanto ci mette ‘sto blog a portare fatturato serio?”
…chiedeva l’azienda a Renato.
Lui, mordendosi la lingua, cercava di spiegare che era sbagliato guardare solo a quello che veniva OGGI: bisognava immaginare cosa poteva portare DOMANI.
Tornando all’esempio di prima dell’uomo nomade contro lo stanziale, era come se l’azienda giudicasse le sole 3 mele che il primo albero piantato da Renato aveva portato non immaginando il fruttetto intero a cui Renato pensava.
Questa cosa infastiva Renato. Molto.
Ma sentiva che stava costruendo qualcosa e per questo, non s’è fatto MAI ABBATTERE.
Oggi quelle 3 mele di cui si lamentava la sua azienda cominciano ad essere una cesta.
Il frutteto comincia a prendere forma.
Oggi Renato non lavora più in quell’azienda.
Ne ha aperta una sua e da il lavoro a 4 (splendidi) ragazzi che lo aiutano coi clienti, oltre ai 5/6 collaboratori esterni che danno una mano quando serve.
E’ c’è una novità rispetto agli altri articoli su Renato: questa volta Renato SONO IO.
Quella appena raccontata è la mia storia lavorativa.
Morale della favola
Perchè te l’ho voluta raccontare?
Perchè proprio oggi?
Mi ci ha fatto pensare un cliente le scorse settimane.
Lo sono andato a trovare per presentargli il progetto di Web Marketing che avevo pensato per lui e alla fine, quando ha visto il prezzo, s’e spaventato ed ha deciso di declinare l’offerta…
Fin qui tutto ok: non mi aspetto mica che OGNI sacrosanto cliente compri quello che gli propongo.
Non è questo il punto.
Quello che mi ha fatto pensare è che questo cliente NON ha rifiutato la mia offerta per accettare quella di un mio concorrente.
NON ha rifiutato la mia offerta per investire in un altro strumento promozionale diverso da quello che gli proponevo.
Ha rifiutato la mia offerta perchè si affidano al nuovo commerciale assunto da due mesi nella speranza che lui (da solo) col suo sforzo possa portargli i risultati necessari a ritirar su l’azienda.
Ora mi rivolgo a te che stai leggendo e ti dico: TU NON FARLO!
Non sperare di tornare “nomade” al giorno d’oggi.
Non è il modo giusto di condurre la tua azienda.
Non puoi mandare in giro venditori porta a porta e sperare di crescere in maniera seria.
Non puoi mettere venditori al telefono a sfodarsi i timpani e sperare che loro siano felici a vita e che ottengano risultati degni di nota.
Se sei un imprenditore hai il DOVERE verso la tua azienda di strutturare un sistema di acquisizione clienti.
Trovare i clienti è una TUA responsabilità. Una responsabilità dell’azienda.
Poi puoi farlo promuovendoti online, puoi promuoverti offline, instaurare partneship, partecipare a fiere, fa come ti pare.
Ma metti in piedi un sistema di acquisizione clienti di cui hai il CONTROLLO.
Non hai altre vie alla prosperità della tua azienda (e alla felicità dei tuoi venditori).
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8 risposte
Uno dei tuoi migliori post secondo me.
Purtroppo, per questioni di budget, non ho potuto collaborare con voi e come spiegavi nel post di Renato che vende il software di contabilità, ma solo per aziende di un settore molto specifico… non si puó fare senza un budget adeguato.
Per ora ti seguo e faccio la bustina, che appena si riempie al punto giusto ritorno e partiamo!
Ciao Dennis,
grazie mille per il tuo commento.
Ti faccio un grosso in bocca al lupo.
A presto!
Devo farti i complimenti per questo articolo.
Ammetto di averlo trovato un po’ per caso, sponsorizzazione su Facebook per la precisione… e non è stato neanche il primo che mi è comparso ad onor del vero, ma è stato il primo che ho letto.
Il motivo è presto detto. Ho fatto un percorso simile al tuo. Nonostante una laurea su comunicazione e marketing per raccattare qualche soldino mi sono gettato come venditore sprecando tre anni della mia vita (ed un sacco di soldi) dietro ad un’azienda che mi ha aiutato il minimo e non vedeva oltre il proprio dito. Ora gestisco la comunicazione web e social di un’altra azienda che al contrario della prima ha la capacità di vedere come sarà il futuro e di non limitarsi al proprio orticello. Un’azienda che assiste costantemente i propri venditori, grazie anche al mio lavoro… perché non si dimentica facilmente quanto sangue si è sputato in passato.
Forse se avessi letto prima questo articolo non avrei sprecato il mio tempo. Forse non avrei perso tre anni. Forse avrei preso prima la decisione di smettere di sprecare energie a vuoto. E’ una lezione che merita di essere letta perché può davvero aiutare chi è là fuori a fare uno dei mestieri più difficili e sottovalutati di questo pianeta.
Grazie delle tue parole Giulio. Davvero mooolto gradite
É sempre bello rileggere questo articolo Giampaolo, perché in parte mi ci rivedo, ma l’epilogo nel mio caso è stato molto differente.
Grazie Dario!
Che spettacolo Gianpaolo,
era da un po’ che non ti leggevo e devo dire che ne sentivo la mancanza. Gran bel post e gran bella storia lavorativa!
Complimenti! 😉
Grazie Stefano e “bentornato” ?