Perché “RIPETERE IL MESSAGGIO” non solo NON è noioso ma è anzi NECESSARIO

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Di che cosa ti parlerò in questo articolo

Perché “RIPETERE IL MESSAGGIO” non solo NON è noioso ma è anzi NECESSARIO

L’altro giorno Bruno, il mio collaboratore che si occupa di copy, stava parlando in Skype Call con una cliente.
Lui si occupa di seguire il copy alle aziende che seguiamo in agenzia.

Quindi parlavano di copy.
Quindi di contenuti da scrivere.
Per la pagina Facebook, o per il blog, o per le e-mail…

Ora, io non sentivo in quel momento che cosa il cliente chiedesse di preciso, ma le risposte di Bruno non lasciavano spazio all’immaginazione:

“Guarda, Renato.

Di questo non ti devi preoccupare perché il fatto di ripetere alcuni concetti è parte integrante del marketing di un’azienda.

In realtà la tua è una domanda che mi fanno spessissimo ed è una paura lecita…

Prova a pensarci un attimo: la ripetizione, e quindi il fatto di sentire ripetitivo un certo messaggio, vale più per te che lo emetti, quel messaggio, che per il tuo pubblico… che è distratto, non legge sempre, non legge tutto, non si ricorda niente di quello che ha visto anche solo un’ora prima…

Quindi, in termini di fare arrivare un determinato messaggio nella mente del tuo cliente, la ripetizione non è solo lecita, ma necessaria…”

Dalla risposta di Bruno era abbastanza chiaro cosa Renato gli avesse chiesto. Immagino che lo avrai capito anche tu.

Parlando poi con lui, me lo ha confermato:
Praticamente mi ha chiesto se a scrivere sempre degli stessi argomenti la gente si sarebbe annoiata…

Eccallà!

Un altro che ci casca, in questa trappola mortale della paura di ripetersi.

Guarda che non è un aspetto che dovresti sottovalutare, eh. Per niente.

Pensa che nel lontano 1961, uno dei più famosi pubblicitari al mondo, Rosser Reeves, dedicò alla questione addirittura UN CAPITOLO intero del suo “Reality in Advertising” (che puoi comprare qui https://amzn.to/2WZUzDh nella versione italiana).

E sai qual era il titolo del capitolo?

L’errore da milioni e milioni di dollari” ?

In quelle pagine Reeves parlava di campagne pubblicitarie e di penetrazione del messaggio nella mente delle persone.

Di quale fosse il reale segreto affinché il messaggio pubblicitario rimanesse impresso nei consumatori: la RIPETIZIONE.

La RIPETIZIONE ??

Se il messaggio che vuoi portare nella testa delle persone NON viene ripetuto nel tempo, non riuscirai mai nel tuo obiettivo. La gente NON se ne ricorderà.

Riprendo direttamente dal testo di Reeves:
Cambiamenti di messaggio troppo frequenti distruggono la penetrazione del messaggio stesso

..-ci sono pochi marchi sul mercato oggi che non hanno cambiato le campagne 5, 10, 15, 20 volte negli ultimi 20 anni.”

Questa storia ha stancato“, dirà un produttore.
“Il pubblico si annoia“, ti dirà qualcun altro

Una nuova storia darà nuovo slancio al mio brand“, dirà un terzo.

Se il 90% non la ricorda, la storia non ha sicuramente stancato. Se il 90% non è consapevole di ciò, difficilmente possono annoiarsi.”

E poi ancora, prova a pensare alle pubblicità che ricordi meglio:
 Scavolini, la cucina più amata dagli italiani,
 Poltrone Sofà, artigiani della qualità,
 Dove c’è Barilla, c’è casa….

…tutte pubblicità che vengono ripetute da ANNI.

Mentre quelle che cambiano in continuazione, tipo quelle delle compagnie telefoniche, non le ricordi MAI.

E’ vero o no?

La ripetizione è uno dei problemi che sta alla base di quasi ogni azione di marketing che le aziende fanno.

Quando pubblichi un contenuto, spesso dai per scontato che tutti lo leggeranno.

Molti pensano che la gente sia lì a guardare l’orologio in attesa che tu gli mandi un po’ di roba da leggere.

Ma non serve nemmeno dire che non è così, no?
Prova a pensare….

Facciamo finta che hai 100 fan alla pagina Facebook.
Quando posti un contenuto, considera che tra quei 100, Facebook deciderà di farlo vedere a 15 persone circa.

Ok? Bene.

Ora considera che tra quelle 15, solo 5 lo leggeranno davvero con attenzione e fino alla fine.

Non è finita: tra QUELLE 5 che hanno letto il tuo messaggio, quelle che se lo ricorderanno non dico domani, ma anche fra un’ora, saranno FOOOORSE in 2.

Risultato?

Il risultato è che, Facebook o non Facebook, mediamente un messaggio one-shot rimane nella testa di solo il 2% degli utenti in target.

Questo forse vale molto di più oggi, nel 2019, che nei ’60, anni in cui operava Reeves.

Perché?

Perché oggi le persone sono molto più esposte a messaggi pubblicitari, e quindi:
 SONO DISTRATTE
 NON CAPISCONO
 NON SI FIDANO
 NON SONO INTERESSATE
 DIMENTICANO, PERCHE’ HANNO TROPPE COSE DA RICORDARE
.
Riprendo sempre da “Reality in Advertising”:


Tre grandi principi di base della realtà pubblicitaria emergono dalla nostra ricerca:

1⃣ Cambiare una storia ha lo stesso effetto di fermare il flusso di denaro, per quanto riguarda la penetrazione del messaggio;
2⃣ Se gestisci una campagna brillante, ma la cambi ogni anno, il tuo concorrente può passarti davanti con una campagna meno brillante ma ripetuta nel tempo;
3⃣ A meno che un prodotto non risulti obsoleto, una grande campagna non esaurirà la forza del suo messaggio ripetuto nel tempo;”

E quindi?
Quindi il tuo “messaggio” ripetilo quante più volte possibile.
Puoi sempre raccontare quel dettaglio in più, che lo rende più particolare e avvincente.

Ti è mai capitato di riguardare un film per la seconda volta? Oppure, di rileggere un libro, e di cogliere aspetti particolari e dettagli che la prima volta non avevi notato?

Ecco. Il meccanismo di base è lo stesso.
Ribadisci ai tuoi clienti che cosa fai, perché sei diverso dai tuoi concorrenti.

Ricordagli tutte le volte che puoi perché dovrebbero comprare da te.

Non avere paura di essere ripetitivo o noioso, perché quella sensazione di ripeterti ha a che fare solo ed esclusivamente col fatto che SEI TU l’emittente del messaggio.

Ma il pubblico che hai di fronte è sempre diverso da quello di prima.

E anche se fosse lo stesso, è un pubblico distratto o smemorato.
E se anche non fosse distratto o smemorato, ha bisogno che il tuo messaggio gli venga ripetuto. Più e più volte

Solo così sarà ricordato.

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